Interviste

Siamo andati a mangiare da “Giulio passami l’olio” e abbiamo fatto due chiacchere con il proprietario

Giulio passami l’olio”, un’enoteca, ristorante, salotto scanzonato a due passi da Piazza Navona dove abbiamo incontrato Riccardo Tiberti, animatore e cuore pulsante del locale. Romano vero come non se ne vedono più, provocatore incallito dalla battuta sempre pronta, Riccardo per natura viaggia sempre in controtendenza.

Ciao Riccardo, è un piacere poter tornare a mangiare da voi Com’è stato rimanere chiusi così tanto tempo?
Siamo arrivati al giorno della riapertura che non avevamo più neanche il fondo cassa per dare il resto ai clienti, ci siamo svuotati le tasche direttamente io e mio figlio. Ce la siamo passata male ma ce l’abbiamo fatta. Abbiamo investito tutti i soldi rimasti nella riapertura e dal primo giorno c’è stata un’affluenza incredibile, fortunatamente è andato tutto bene. Dopo tre o quattro giorni ho detto ad una ragazza che lavora qui: “Lo vedi? Sembra che non è cambiato nulla. La gente non vedeva l’ora di tornare”. Poi si emoziona, Riccardo non riesce a trattenere le lacrime, piange. “Perché la gente non vedeva l’ora di tornare”. “Perdonami, mi sto emozionando, perché a me sta cosa mi ha fatto male”.

Giulio passami l’olio – Esterno, pranzo

Sei un’istituzione, sono 34 anni che con la tua presenza, la tua ironia e sfacciataggine, animi non solo il tuo locale, ma tutta la via qua davanti.
Ma no, conta solo la ricerca continua della qualità, perché da lì non si scappa. Quando viene un cliente e mi paga, io devo dargli da mangiare bene, ecco perché questo posto dura da trentaquattro anni. Siamo un salotto, una famiglia. Mi hanno detto: “Veniamo qui perché ci sentiamo a casa” e io ho risposto “venite perché i vostri genitori potete mandarli a quel paese, qua mi ci mandate quando ve pare”. Uno viene qua, beve, mangia, mi guarda mentre faccio lo scemo nonostante i miei 66 anni… uno di questi giorni ci rimango… Si rimane colpiti da come si mangia bene, dall’atmosfera, all’enorme scelta di vini, e ora mi dicono “una volta non ti si sopportava, adesso se non ci sei sembra vuoto”.

Cosa ti manca maggiormente?
Stiamo soffrendo perché Roma è un museo all’aria aperta, ma non ci sono più turisti. Prima della pandemia un milione e duecentomila americani sono venuti a Roma e qualcuno probabilmente sarà passato anche da noi. Quando stai in vacanza, dopo che sei uscito da un monumento, da una mostra, da un museo, da una chiesa, subito dopo mangi qualcosa. Ci manca questo.

L’interno del locale

Com’è cambiato il centro di Roma?
Sai quanti ristoranti ho visti aprì, quanti ne ho visti chiude e così via? Per un semplice motivo, a Roma si dice “all’uccello ingordo gli crepa il gozzo” questo vuol dire che gli arruffoni non durano. Non bisogna ricercare il guadagno effimero, il tanto e subito, al contrario il guadagno è negli anni, perché stai sicuro che se metti le basi buone, lavorerai sempre più che dignitosamente. Poi nei periodi di crisi togli il più e continui a lavorare, perché non hai mai dato fregature.
Se prendo del parmigiano da trenta mesi minimo di stagionatura e non quello da dieci euro, per condire una pasta con quello da dieci euro ce ne vuole un etto, con quello buono te ne servono trenta, quaranta grammi, perché il sapore è talmente stagionato e buono che ne serve la metà. A quel punto compra la qualità, ti costa uguale. È una follia. Anche la carne, preferisco che quando la gente va via me se magna pure il piatto, piuttosto che non tornare più. In senso bonario, pretendo che quando la gente si alza mi dica grazie.
Dico una volgarità ma la dico “io la mattina quando alzo la serranda, aspetto la gente che mi porta i soldi” che cosa c’è di più bello, però sai che vanno via contenti perché gli hai dato l’atmosfera, il cibo, il vino buono e pure la simpatia. Soldi buoni, mangiare e bere buono. Questa è la fortuna e così siamo ripartiti subito.

Qualcosa da bere?

Da voi c’è sempre una grande selezione di vini.
Abbiamo più di 1.200 etichette. Dopo l’incendio abbiamo perso 1.800 bottiglie perché erano tutte esposte, più di 4.000 bottiglie di sotto invece le abbiamo salvate. Abbiamo mantenuto la qualità e la goliardia, bisogna divertirsi, già la vita è dura. Si beve insieme, c’è il cliente che racconta sempre le barzellette, quello che racconta dei suoi viaggi, sai quanta gente si è fidanzata qua. E io poi gli dico: “però se vi lasciate non ve la pijate con me, eh”.

I Piaceri della Maremma vi rifornisce tutte le settimane della migliore pasta all’uovo e soprattutto dei tortelli toscani. Ricotta fresca del caseificio di Manciano e spinaci a km zero.
I tortelli toscani, a Roma chiamati ravioloni, sono circa dieci anni che li prendiamo da voi. Voglio essere presuntuoso…lo do per scontato che sono squisiti altrimenti non stavano qui. Si sente la sfumatura della ricotta fresca di Manciano, dello spinacio buono, li serviamo semplici, senza condimenti particolari, proprio per non coprire la qualità delle materie prime che lo rendono così semplice e così buono, quindi al pomodoro o burro e salvia, sono veramente squisiti. I tortelli toscani qui da noi sono un classico, come la lasagna la domenica per esempio. Viva i piaceri della maremma, viva i prodotti genuini.

Per info e prenotazioni: +39 06 68803288
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